Una delle cose più brutte, ma veramente brutte, che abbiamo trovato nella casa dalle persiane verdi è stato il grande albero. Albero... diciamo che tecnicamente lo era anche, essendo dotato di radici e di tronco, di rami e di foglie, ma definirlo così era proprio fargli un complimento.
Era un cipresso, ma mica di quelli che a Bólgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, perché io i cipressi del Carducci li ho visti (anzi, mi son quasi fatta venire un coccolone in quel lungo giro in bici sulle colline toscane) e vi garantisco, che non ci si avvicinava neanche volendo e che di alto e schietto c'era poco.
Non somigliava neppure ai cipressi panciuti del cimitero, poverino, che - voglio dire - non faranno certo impazzire, ma almeno svolgono un ruolo preciso e sono decorosi.
Il mio cipresso faceva semplicemente schifo!
Aveva la forma di una coppa di champagne, già larga in fondo e sempre più larga man mano che si saliva. In cima un taglio netto, zac, una riga via diritta fatta con il righello! Sì, perché questo surrogato di pianta non aveva manco la punta. La copiosa nevicata dell'inverno precedente, infatti, aveva portato ad un'amputazione drastica e il freddo aveva rovinato i meravigliosi rami, che uscivano fuori dritti dal tronco e che lo rendevano più simile ad un istrice che ad un albero di quella specie.
Nonostante io abbia anche cercato informazioni sul recupero dei cipressi rovinati e abbia tentato di convincermi, che sarebbe stato possibile risanarlo, ero arrivata alla conclusione che, se non altro per una questione di rispetto verso i suoi simili, poteva tranquillamente diventare legna da ardere!
Tagliare un albero, però, come certo saprete, non è cosa da poco e per il lavoro che comporta e per la spesa elevata, perché non lo puoi certo impacchettare e buttare nel bidone. Con tutto quello che avevamo da fare non era certo il nostro primo pensiero.
Arrivò dunque come un dono dal Cielo la domanda del vicino - ma che pensate di fare con quell'albero? - e ancora più soave la notizia che si era già accordato con i precedenti proprietari per toglierlo. L'albero non era suo, ma sua era l'ombra che gli oscurava metà terrazza e anche suoi erano gli scarichi minacciati dalle radici (ché l'albero aveva tutta l'intenzione di continuare a prendere i suoi spazi).
La timida, anche se abbastanza interessata, domanda del vicino lo rese automaticamente il mio migliore amico, soprattutto quando, resosi conto che il lavoro non era fra quelli previsti nell'immediato, si offrì di occuparsi di tutto. Ma capite? Di tutto proprio. Lui l'avrebbe tagliato, lui avrebbe portato via rami e tronco, lui avrebbe rischiato la vita per arrampicarsi in cima con una motosega.
Insomma il Padre Eterno mi aveva mandato un Angelo per liberare il Creato da quell'obbrobrio.
L'anno scorso, insomma, pochi giorni dopo il mio trasferimento in valle, di buon mattino, trovai fuori dalla porta il mio eroe: tuta da lavoro infilata, trattore schierato, piattaforma pronta, motosega spianata.
Tanta solerzia e tanta gentilezza furono persino imbarazzanti, soprattutto perché il consorte era al lavoro, cosa peraltro ovvia dato l'orario, e io non avevo quasi il coraggio di dirgli, che il doveroso aiuto promesso di fatto non ci sarebbe stato. Almeno non in quel momento.
Che potevo fare io? Non avrei potuto piazzare il Pripi da nessuna parte e sarebbe stato impossibile anche solo rimanere nelle vicinanze, considerato che il pupo si era talmente spaventato per il rumore della motosega da rintanarsi in casa.
Nel giro di poche ore, però, l'albero era stato eliminato, il panorama si era allargato, lo spazio per nuove piante era praticamente triplicato.
Il vicino era molto soddisfatto. Figuratevi io!
E vissero felici e contenti? Certamente! Almeno fino a quando non decisi di mettere mano a quello spazio libero per farne un'aiuola. Sì, perché non si trattava semplicemente di mettere un po' di terra buona e di piantare qualche fiorellino allegro. Lì doveva essere fatto un intervento molto pesante.
Visto come era andata fino a quel momento, sperai in una ruspetta in arrivo dal Cielo, ma non fui molto fortunata, dovetti mettermi al lavoro con pochi attrezzi scalcinati ed il solito immancabile entusiasmo.
Quale miglior momento delle prime ore pomeridiane di una calda giornata di luglio? Eh, lo so, non fu una delle mie idee migliori, ma il Pripi a quel tempo ancora faceva il riposino pomeridiano e quelle ore erano le uniche realmente sfruttabili.
Armata di piccone, di vanga e di tutto quello che ero riuscita a trovare, ero decisa a cominciare il lavoro e a terminarlo in un paio d'ore, nella peggiore delle ipotesi ero disposta ad arrivare al giorno seguente.
Ah, ah, ah ... divertente!
Un colpo e nulla, neppure un centimetro di terra smossa; due colpi, uguale; tre colpi, ancora niente. Le radici dell'albero ramificate ben bene tenevano stretta la terra, non la volevano mollare, non c'era verso di scavare, di smuovere, di spostare. La terra era talmente dura, talmente compatta che pareva incollata.
Io non è che sia proprio proprio una pappa molla, i lavori pesanti non mi hanno mai spaventato, ho una certa energia e riesco ad arrangiarmi anche in lavori non prettamente femminili, ma quel giorno non sapevo neppure da che parte cominciare.
Il Vicino-Angelo, nel suo solito andirivieni fra casa e campagna, lanciava sguardi pietosi, ma io mica gli potevo chiedere ancora aiuto e poi, dai, era una questione di orgoglio. Tuttavia, all'ennesimo passaggio, arrivò con un vero piccone (il mio al confronto pareva quello dei sette nani). Qualche colpo ben assestato e ... la terra era praticamente ancora lì.
Questa cosa da un lato mi fece piacere, perché non mi sentivo più impedita come in effetti cominciavo a credere di essere, dall'altro mi preoccupò non poco, perché se pure lui, uomo di campagna abituato a questo tipo di lavori, si trovava in difficoltà, come avremmo potuto fare?
È solo questione di pazienza... ok, questione di pazienza, entro sera non avrei avuto nessuna aiuola pronta; basta spaccare il primo pezzetto, così e così... ok, lo spacco, mi faccio venire un colpo, ma lo faccio, lo posso fare; e poi incuneare bene il piccone sotto le zolle... ok, incuneo; e poi sollevare in questo modo... ok, sollevo.
Procedendo con quella velocità, considerato il caldo, il fatto che non sono Hulk, il fatto che non potevo dedicarci più di due orette al giorno, stimai che l'aiuola forse sarebbe stata terminata per la fine dell'estate.
Per fortuna non fu così, ci volle solo una settimana per raggiungere il fondo della buca. Ero arrivata a scavare con una piccola zappetta e una palettina minuscola, modello archeologo, per riuscire a far emergere le radici dell'albero, seguendone lentamente i contorni, liberandole dalle schifezze che racchiudevano (vetri, pezzi di ferro, le tracce di un altro alberello precedente, ma anche sassi di ogni tipo, forma e dimensione e residui di cemento - che ci facevano lì?). Il mio lavoro, a differenza di quello di un vero archeologo, non mirò però mai al recupero, quanto all'eliminazione totale.
Grazie all'aiuto del Vicino Angelo, i tentacoli furono quasi del tutto amputati. Uscirono dalla terra pezzi talmente grandi che pareva impossibile potessero stare in quello spazio angusto. L'unica che proprio non manifestò alcuna intenzione a traslocare fu la parte inferiore del tronco e non ci fu neppure la possibilità di abbassarla sotto il livello dei muretti dell'aiuola in modo da farla scomparire, ricoprendola di terra. Anche il tentativo di eliminarla con la motosega non funzionò, perché questa non solo rimase incastrata dentro il legno, ma si ruppe pure.
Eliminare ogni traccia del cipresso avrebbe significato scavare con una ruspa, demolendo il muretto e metà del lastricato del giardino (magari anche di più, visto che non era possibile stabilire la lunghezza delle radici). L'intera operazione faceva venire i capelli dritti al solo pensiero.
Si decise, così, di lasciar perdere.
Aggiornamento del 6 agosto 2017
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Ammetto che inizialmente ero infinitamente triste per il povero albero ma oggettivamente il risultato finale è stato spettacolare! Bellissimi i tulipani !!! 😍😍😍
RispondiEliminaSì, pure a me è dispiaciuto, ma faceva proprio schifo e non era recuperabile!
EliminaQuell'anno i tulipani erano davvero uno spettacolo!
Che lavorone...vado a leggere il seguito...
RispondiEliminaMaris
Lavorone, sì! A rivedere il post mi sono stancata!!!!
EliminaAhahhahaaha
Sicuramente migliore il risultato finale😊
RispondiEliminaRispetto all'albero? Ahahahaha, direi proprio di sì!
Eliminaveramente temeraria pensa che da noi oltre 20 anni fa han tagliato un ciliegio selvatico in mezzo al prato ... ma le radici le han lasciate e dopo vent'anni sono ancora li col pezzo di tronco che rasenta il prato .... il tutto annerito ma ci sono ....
RispondiEliminaA me non piaceva e non lo volevo proprio vedere, quindi ho preferito mimetizzare. Quando è stato tolto, perché il giardino è stato rifatto, ci è realmente voluta una ruspetta per tirarlo via. Quindi non sono stupita che i resti del tuo ciliegio siano ancora lì. Molti utilizzano i ceppi rimasti come decorazioni ... magari li lavorano ... sicuramente meno dispendioso, sia in termini di fatica sia in termini economici
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